venerdì 16 ottobre 2015

L'ITALIA DEL PRIMO NOVECENTO

Alla fine dell’Ottocento la società italiana era ancora in gran parte povera e arretrata. La maggioranza della popolazione viveva nelle campagne, ed era soggetta a malattie tipiche della miseria e della malnutrizione, come la malaria nel sud e la pellagra nel Nord. Nelle città, i quartieri popolari erano flagellati dal  colera e dalla tubercolosi, a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie. La mortalità, soprattutto infantile, era ancora molto alta, anche se in lieve calo: negli anni ’80 dell’Ottocento il 20% dei nati moriva nel primo anno di vita, a fine secolo il 17%. Per effetto di questo lieve calo della mortalità, e di un’alta natalità (circa quattro figli per donna, in media), la popolazione cresceva a ritmi piuttosto intensi: dal 1870 al 1900, gli italiani erano passati da 28 a 34 milioni. Ma il sistema produttivo non riusciva ad assorbire questa forza-lavoro in aumento. Più della metà degli occupati lavorava in agricoltura, e le poche industrie non riuscivano ad assorbire l’eccedenza di manodopera delle campagne. Questa disoccupazione, per la verità, non era dovuta soltanto alla crescita demografica:  nel Sud dipendeva dal fatto che i proprietari lasciavano in gran parte incolte le loro immense proprietà terriere, i latifondi; nel Nord, in particolare nelle zone irrigue della pianura padana, ad alimentare la disoccupazione era, all’opposto, lo sviluppo di una moderna agricoltura capitalistica, basata sull’impiego di macchinari agricoli e sul lavoro salariato dei braccianti. L’unico sbocco per le masse rurali senza lavoro fu l’emigrazione verso l’Europa del Nord e, sempre di più, verso le Americhe. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento partivano dall’Italia 300.000 emigranti all’anno, un numero che non aveva eguali in Europa.
Dunque, il sistema produttivo italiano non riusciva ad assorbire tutta la popolazione lavorativa. Allo stesso modo, il sistema politico rappresentava solo una parte ristretta della società. Nel quarantennio dopo l’unità (1861), la classe dirigente liberale era stata soprattutto l’espressione dei proprietari agrari, e aveva fatto ben poco per coinvolgere politicamente le masse popolari. Per effetto del suffragio ristretto e del forte astensionismo, i votanti erano piccole minoranze: ad esempio, alle elezioni del 1900 si astenne il 42% degli aventi diritto, e votarono in tutto 1.310.000 persone. Questo favoriva il predominio dei notabili locali, i  personaggi altolocati e influenti che con le loro reti clientelari potevano facilmente controllare i pochi elettori del proprio collegio.
I primi tentativi di costruire moderne organizzazioni politiche e sindacali, avviati dai socialisti e dai cattolici negli anni ’90 dell’Ottocento, erano stati duramente ostacolati dai provvedimenti repressivi di Francesco Crispi, e poi dalla svolta autoritaria dei governi di fine secolo.
All’inizio del Novecento questa situazione cambiò, almeno in alcune parti del paese, per il concorso di tre principali fattori:  1) il decollo industriale;  2)   il nuovo indirizzo politico assunto dal governo di Giovanni Giolitti;  3) l’ingresso sulla scena politica e sociale di movimenti collettivi di diverso orientamento: i socialisti e i cattolici.
ATTIVITA'
Giovanni Giolitti è personalità complessa, su cui il giudizio dei contemporanei e degli studiosi fa registrare forti divergenze. Perché la satira coeva l'ha definito come Giano bifronte (dal nome del Dio romano dalla doppia faccia)?
 
 

9 commenti:

  1. La satira coeva definì Giolitti “Giano bifronte”, per denunciarne l’ambivalenza tra conservazione e progresso. Accusato di trasformismo, tenne a sottolineare, nelle Memorie, che la sua azione aveva dovuto adeguarsi alle 2 condizioni effettive del paese, e che in queste dovevano essere ricercati i limiti e le contraddizioni dei suoi governi.

    RispondiElimina
  2. Giovanni Giolitti è stato un importante politico italiano, più volte presidente del Consiglio dei ministri. Nella storia politica dell'Italia unita, la sua permanenza a capo del governo fu una delle più lunghe. Il periodo storico durante il quale egli esercitò la sua guida politica sull'Italia è oggi definito "Età giolittiana". Sebbene la sua azione di governo sia stata oggetto di critica da parte di alcuni suoi contemporanei, come per esempio Gaetano Salvemini, Giolitti fu uno dei politici liberali più efficacemente impegnati nell'estensione della base democratica del giovane Stato unitario, e nella modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dopo un iniziale voto di fiducia, nel 1922, al nuovo governo fascista, dal 1924 si mantenne all'opposizione di Benito Mussolini.

    RispondiElimina
  3. Giolitti attuò una politica trasformista dal doppio volto. Giano bifronte (dal nome del Dio romano dalla doppia faccia), Giovanni bi - fronte. Arretrato e repressivo al Sud, progressista e tollerante al Nord. La sua politica però avviò l’Italia verso il progresso industriale. L’aspetto più clamoroso che caratterizza l’Età giolittiana è il forte squilibrio tra Nord e Sud. I segnali di questa crisi sono la miseria, i consumi molto bassi, l’arretratezza civile, l’analfabetismo ma soprattutto l’emigrazione. Molti contadini in cerca di fortuna salpano su navi e sbarcano in America Settentrionale. L’emigrazione aveva anche risvolti positivi:
    – l’emigrazione era un po’ come una valvola di sfogo perché serviva ad allentare la tensione sociale so-prattutto dei disoccupati;
    – le “rimesse degli emigrati”, cioè i soldi che venivano spediti dagli emigrati in Italia e che servivano per elevare i consumi.
    Questo fenomeno dell’emigrazione riguardava soprattutto il Sud, che non ha conosciuto lo sviluppo del Nord. Giolitti, in questo, ha delle responsabilità: infatti, ha avvantaggiato solo gli industriali del Nord e gli agrari del Sud, non riuscendo a cambiare la struttura economica e sociale del Sud che è rimasta arretrata e dominata dai grandi proprietari terrieri.

    RispondiElimina
  4. Il modo di fare politica di Giolitti fu chiamato del doppio volto. Al Nord Giolitti non represse gli scioperi e favorì l’organizzazione di associazioni di lavoratori; promosse numerose riforme in campo sociale:venne riconosciuta la validità degli scioperi per motivi economici,venne regolamentato il lavoro femminile e minorile,fu resa obbligatoria l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro,regolamentò la sanità pubblica,ricostruì la Cassa nazionale per l’invalidità dei lavoratori,istituì l’ispettorato del lavoro e introdusse il suffragio universale maschile. Il progresso era ovunque:la rete ferroviaria,lo sviluppo dell’idroelettricità,le grandi opere di bonifica e d’irrigazione. La produzione del grano e dei vini raddoppiò. Ebbe inizio l’esportazione del cotone;a Torino con la FIAT sorse l’industria automobilistica,seguita poi dall’Alfa Romeo. Al Sud in quegli anni era esploso il problema del Mezzogiorno, il cui squilibrio nei confronti del nord si aggravava di continuo. Qui Giolitti,al contrario del Nord,controllò le elezioni politiche facendo ricorso ai prefetti,impedì agli avversari di tenere i comizi elettorali,falsificò i risultati elettorali e talvolta usò la malavita per intimidire gli avversari. Per questo modo di operare gli fu rivolto l’appellativo di ministro della malavita. Il Sud rimase agricolo e l’unica valvola di sfogo fu l’emigrazione verso l’America che garantì un maggiore afflusso di denaro in Italia,grazie agli stipendi che gli emigranti mandavano alle famiglie italiane. Per Giolitti il Sud era solo un semplice serbatoio di voti.

    RispondiElimina
  5. Giovanni Giolitti fu definito dai giornali dell' epoca: Giano bifronte (dal nome del Dio romano dalla doppia faccia), per la politica adottata durante il suo ministero. Vi è una vignetta dell'epoca che mostra un Giolitti sdoppiato: da una parte, Giolitti, su uno sfondo azzurro, ben vestito, con la bombetta, si rivolge ad un pubblico borghese; dall'altra parte, Giolitti, su uno sfondo rosso, vestito in modo dimesso, con un grande fiocco rosso, si rivolge ad un pubblico proletario. La vignetta riassume bene il "coraggioso disegno politico" che lo statista cercò di realizzare.

    RispondiElimina
  6. La satira ha definito Giolitti come ‘’Giano Bifronte’’ perché nella sua politica è apparso in contraddizione. Fu accusato per questo di trasformismo. In realtà egli, secondo me, ha cercato di mediare le problematiche che esistevano tra i partiti, per poter avviare una politica di modernizzazione del paese.

    RispondiElimina
  7. Giolitti era di personalità complessa, su cui il giudizio dei contemporanei e degli studiosi non è unanime. Dalla satira del suo tempo venne rappresentato come Giano bifronte, dal doppio volto, per denunciarne l’ambivalenza tra conservazione e progresso.

    RispondiElimina
  8. Giovanni Giolitti attuò una politica trasformista dal doppio volto: arretrato e repressivo al Sud, progressista e tollerante al Nord. Infatti, mostrò un volto democratico e aperto nell’affrontare i problemi del Nord, proteggendo l'industria per avviare la modernizzazione del paese e un volto spregiudicato nel trarre vantaggio dalla situazione del Sud, chiedendo solo voti ai latifondisti protetti dalla sua politica, senza offrire incentivi per l'agricoltura ai poveri contadini. Egli per quanto riguarda il Nord non impedì gli scioperi, ma fece in modo che si svolgessero in modo civile, migliorò le norme che regolano il lavoro, ricostruì la cassa nazionale per l’invalidità, tutelò la maternità delle lavoratrici. Invece per il Sud sfruttò la situazione, controllò le elezioni politiche, per far eleggere uomini a lui fedeli.

    RispondiElimina
  9. Giolitti fu un uomo politico italiano che non appartenne propriamente alla schiera dei "padri della patria" e non partecipò al Risorgimento; non fu tra quelli che formarono l’Italia unita, bensì studiò e si laureò in Giurisprudenza fu un uomo nuovo per uno stato vecchio che voleva rinnovarsi. Il modo di fare politica di Giolitti fu chiamato del doppio volto: se al Nord l’atteggiamento dello Stato era quello di mediatore, al Sud la situazione si presentava piuttosto differente. Giolitti si serviva dei prefetti per reprimere duramente le rivolte contadine. Nel meridione credeva fosse giusto mantenere il pugno duro, senza stabilire una linea di dialogo. Venne accusato di aver esercitato pressioni politiche, di aver ottenuto voti grazie alla sua politica disinvolta.

    RispondiElimina

Poiché ho creato questo BLOG per i miei alunni, quindi per fini strettamente didattici, invito i visitatori a non postare commenti, non ne autorizzerei la pubblicazione. GRAZIE!
Prof.ssa Angelica Piscitello