martedì 13 ottobre 2015

COME CARATTERIZZARE UN PERSONAGGIO STORICO

La caratterizzazione è la presentazione del personaggio, la delineazione dei tratti specifici del suo aspetto e della sua personalità.
Caratterizzare un personaggio storico non è semplice perché non vuol dire solo presentarlo fornendone un ritratto esteriore e qualche indicazione anagrafica.
Per caratterizzare  un personaggio storico è necessario conoscere i fatti cui il personaggio si è visto attore delle vicende e studiare le sue azioni e i comportamenti da lui assunti.
Come fare?
Mediante un accumulo di elementi che potranno emergere dalle vicende stesse, dal giudizio degli altri personaggi, dalle capacità osservate nei suoi comportamenti che poi sono le azioni che lo vedono protagonista dei fatti o succube degli stessi.
La caratterizzazione di tale personaggio riguarda non solo gli aspetti fisici (la figura-il volto-l'abbigliamento) ma i comportamenti e il carattere, anche per le caratteristiche morali.
L'aspetto psicologico si può individuare analizzando i tipi di reazioni psicologiche che emergono in una situazione specifica, dagli indizi che ne fanno emergere il carattere.
Il personaggio va ambientato nel contesto spazio / tempo e il suo ruolo deve essere individuato con obiettività e valutato per gli aspetti positivi e/o per quelli negativi, senza pregiudizi ideologici.
Il giudizio critico può essere personale e/o dei critici della Storia.
 
ATTIVITA':
Studiando la Storia vi sarete accorti che sono molti i personaggi che hanno avuto il ruolo di protagonista di fatti importanti. In questo post potrai farne la caratterizzazione seguendo le indicazioni date in questa breve lezione dall’insegnante. Fai una breve ricerca in internet, per raccogliere più informazioni sui fatti in cui si muove il personaggio prima di caratterizzarlo e analizza le sue scelte e i suoi comportamenti (max 15 righi, per ciascun personaggio).

5 commenti:

  1. Giovani Giolitti, grande uomo politico italiano, nacque a Mondovì nel 1842. Era di statura molto alta all’incirca 1,80 cm ed era dotato di folti baffoni. Nel 1860 si laureò in legge , iniziando così la sua carriera burocratica. Fu nominato primo ministro nel 1892. Il periodo storico durante il quale esercitò la sua guida politica sull’Italia è oggi definito, per la sua importanza, "Età giolittiana". Sebbene la sua azione di governo fu oggetto di critica da parte di alcuni suoi contemporanei, come per esempio Gaetano Salvemini, Giolitti fu uno dei politici liberali più impegnati nella modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana, a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento. La politica di Giolitti è costituita da luci e ombre. Le luci rappresentano: il progresso dell’Italia, in particolare per lo sviluppo delle industrie. Egli ebbe un buon rapporto con gli operai, in quanto fece regolamentare gli scioperi che prima non erano legali e fu un mediatore tra gli operai e i padroni delle fabbriche, favorendo, tra l’altro, l’aumento dei salari e la diminuzione delle ore lavorative degli operai. Giolitti capì che per rafforzare il Governo aveva bisogno dell’appoggio dei cattolici, stipulò per questo un accordo con la Chiesa: il “Patto Gentiloni”, che è lo strumento che premise ai liberali giolittiani di vincere le elezioni. Tra le ombre vi è l’aver favorito l’emigrazione all’estero degli Italiani e l’impresa libica, quest'ultima per garantire prestigio internazionale all’Italia, ma fu invece causa di più di un miliardo, 4.000 morti (di cui 2.000 per malattie) e 5.000 feriti. Nell’età giolittiana emergono, tuttavia, più luci che ombre, perché l’Italia diventa, con le sue riforme, un paese moderno. Gaetano Salvemini accusò Giolitti “ministro della malavita”, per i legami che vi erano tra Giolitti e i grandi latifondisti meridionali che gli garantivano i voti. A più riprese egli governò l'Italia negli anni: 1892-93, fino al 1914 e 1920-21.

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  2. Nel 1901 il re Vittorio Emanuele III nominò presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli ed ad affiancarlo c'era, come ministro degli Interni, Giovanni Giolitti. Egli era un uomo pratico, moderato, esperto conoscitore della macchina burocratica statale grazie all'esperienza maturata negli anni. Dal 1901 al 1914 Giolitti esercitò un'influenza autorevole sulla vita politica dell'Italia e questo periodo venne definito “Età giolittiana”. L'età giolittiana coincise con il decollo della rivoluzione industriale in Italia. I progressi più evidenti si registrarono nell'industria siderurgica, nell'industria elettrica e nell'industria meccanica. Il modo di fare politico di Giolitti fu definito dal "doppio volto": aperto e democratico nell'affrontare i problemi al Nord, conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi del Sud. Giolitti, spinto da interessi politici ed economici e dall'opinione pubblica, riprese la politica coloniale con la guerra in Libia. Nel 1911 l'Italia dichiarò guerra alla Turchia che dominava la Libia. Non riuscendo a piegare la resistenza libica, l'Italia attaccò direttamente la Turchia che firmò nel 1912 il Trattato di Losanna con il quale cedeva la Libia. La più grande riforma democratica dell'età giolittiana fu l'approvazione, nel 1912, di una nuova legge elettorale, che introduceva il suffragio universale maschile. Due anni più tardi, nel 1914, Giolitti preferì dare le dimissioni. Gli succedette Antonio Salandra: l'età giolittiana era finita.

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  3. Giovanni Giolitti era un uomo che, senza essere rivoluzionario, si distingue sensibilmente da tutti gli altri per la modernità delle idee e la capacità di analisi della realtà. Egli resse (in totale) cinque ministeri, che segnarono un vero e proprio successo della sua politica: il primo fra il '92 e il '93 e i successivi nel Novecento. Quando non fu presidente del Consiglio, fu comunque presente in qualità di ministro. La politica interna di Giolitti fu caratterizzata certamente da una serie di successi verso la democrazia. La sua attività nell'interno fu caratterizzata da un particolare interesse verso l'aspetto economico, I ministeri di Giolitti si collocano infatti all'interno del cosiddetto "decollo industriale,che richiedeva necessariamente un appoggio da parte della classe politica, volto a favorire l'attività produttiva. Nel primo ministero il governo approvò la statalizzazione delle ferrovie, problema che aveva messo in crisi più di una volta la classe politica, soprattutto quella di Sinistra, per l'opposizione delle sezioni toscane. Ricondurre la gestione delle ferrovie nelle mani dello stato significò rendere possibile una maggior organizzazione del servizio e una sua più accurata manutenzione. Significato profondamente economico ebbe anche la riduzione della rendita nazionale dal 5% al 3.5%, riducendo così gli interessi sui titoli di stato riconosciuti al cittadino-creditore. Questa manovra, estremamente pericolosa, perché i detentori dei titoli avrebbero potuto chiedere la restituzione immediata dei depositi, fu invece un eccellente successo, poiché lo stato poté recuperare facilmente una quantità enorme di denaro. Un ultimo elemento ricorderemo a proposito della politica interna giolittiana, e cioè quello del suffragio "universale". Nella sua politica si intravedono delle ombre per il clientelismo, per lo scandalo della Banca romana, per non aver ostacolato, anzi ha favorito, l'emigrazione, per l'impresa libica. Ma, per lo più le luci sono, secondo me, più numerose delle ombre.

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  4. Giovanni Giolitti ha avuto un ruolo determinante nella politica italiana dei primi dieci anni del Novecento. La politica giolittiana, pur tra alti e bassi e con evidenti squilibri tra Nord e Sud, favorì però lo sviluppo industriale ed economico del paese, grazie anche all’opera del ministro delle finanze Luigi Luzzatti. Dalla fine dell’Ottocento al 1907 lo sviluppo industriale italiano conobbe un incremento costante, con una media annua di circa il 7%. Lo sviluppo più significativo si ebbe nei settori siderurgico, meccanico, chimico ed elettrico. Si affermarono importanti impianti industriali siderurgici, quali la Terni, l’Elba e la Società Piombino, industrie meccaniche come la Breda e la Fiat, che nata nel 1899, si era rapidamente sviluppata. Altre aziende affermatesi furono, nel settore chimico la Montecatini, nel settore della gomma la Pirelli, nel settore elettrico l’Edison e la Sip. Questo sviluppo è legato anche al nuovo ruolo che assumono le banche (in particolare la Banca Commerciale, il Credito italiano, il Banco di Roma e la Società Bancaria Italiana), le quali divennero fondamentali nel settore degli investimenti industriali, sia in Italia che all’estero. Lo sviluppo industriale del paese fu sostenuto dalla politica protezionistica del governo, che incontrò non poche resistenze in alcuni settori economici e politici del paese. Il più eminente e accanito dei suoi oppositori fu Gaetano Salvemini del fronte socialista e repubblicano: Salvemini nel 1910 scrive “Il ministro della malavita”, dove accusa Giolitti di essere un corruttore e in dittatore, che la sua tattica è sempre stata quella di “far la politica conservatrice per mezzo dei condottieri e dei partiti democratici”, lusingando, addomesticando e corrompendo politici arrivando perfino alle nomine senatoriali.

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  5. Giovanni Giolitti, nato a Mondovì nel 1842 e morto a Cavour nel 1928, è stato indubbiamente uno dei maggiori uomini di Stato italiani, anche se il giudizio sulla sua opera ha diviso profondamente i contemporanei e gli storici. Giolitti iniziò nel 1882 la sua carriera politica. Eletto deputato, entrò a far parte, come liberale progressista, della maggioranza parlamentare di Agostino Depretis. In Parlamento niente gesti clamorosi, nessun discorso altisonante: solo un oscuro e duro lavoro nelle commissioni parlamentari, grazie al quale acquisì una perfetta conoscenza dei meccanismi e dei protagonisti della vita parlamentare. Fu costretto nel maggio del 1915 ad assistere dai banchi dell'opposizione all'ingresso italiano nella guerra, ingresso dovuto al prevalere di tutte le spinte extraparlamentari che egli aveva cercato di frenare e metabolizzare. Giolitti tornò un'ultima volta al governo nel 1920, appoggiato dai partiti costituzionali, dai nazionalisti, dai popolari e non osteggiato neppure dai socialisti moderati e da Mussolini.

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Prof.ssa Angelica Piscitello