lunedì 16 maggio 2016

EUGENIO MONTALE

LA POETICA E IL PENSIERO DI EUGENIO MONTALE

IL PENSIERO
Montale ha una visione pessimistica della vita umana: l'uomo contemporaneo è condannato a una tragica esistenza di solitudine di alienazione. La sua poetica si inspira proprio a questa negatività del vivere, indagato con lucida consapevolezza. E' una drammatica e incessante ricerca quella di Montale, condotta senza sosta sul filo di un doloroso travaglio interiore, di esperienze personali, di intuizioni.
Ma in questo precario vivere non mancano spiragli, anche se brevi, di felicità (Felicità raggiunta), qualche barlume di salvezza, (I limoni) che ci sveli la verità che dia senso alla vita.
 
Due sono i testi fondamentali in cui Montale enuncia la sua concezione poetica e spiega le sue scelte stilistico-espressive.
 
  1. I Limoni: In questa lirica Montale si vuole contrapporre ai "poeti laureati", alla poesia aulica, retorica, dove la realtà viene falsata per avere onori e gloria. Questo è appunto lo stile di D'Annunzio, Montale, invece, ama lo stile semplice che gli permette di ritrarre la realtà così com'è, come ci appare ogni giorno della nostra vita. Ai "bossi", "ligusti", "acanti", tutte piante nobili di cui parlano i poeti laureati, Montale contrappone gli aspetti più comuni della vita come "le strade che riescono agli erbosi / fossi", le "pozzanghere / mezzo seccate", gli "alberi dei limoni", simbolo della realtà concreta e semplice.
  2. Non chiederci la parola: è un'altra importante dichiarazione di poetica che scrive Montale, troviamo in questa lirica espresse la sofferenza consapevolezza del vuoto che attornia la nostra esistenza e l'impossibilità del poeta di suggerire certezze, di fornire risposte chiarificatrici, di rivelare verità assolute; egli può soltanto essere testimone della crisi dell'uomo contemporaneo e della sua incapacità a prendere risoluzioni positive. Queste sue dichiarazioni si contrappongono ai poeti decadenti i quali consideravano la poesia come l'unica forma di conoscenza possibile; il poeta diventa così una sorta di "poeta veggente" capace di svelare la realtà.
 


OSSI DI SEPPIA
Alla base di questa raccolta c'è il senso del vuoto che circonda la vita dell'uomo, la tragica constatazione del "male di vivere" che si manifesta nelle dolorose esperienze della natura quali "il rivo strozzato", "l'incartocciarsi della foglia / riarsa". Il paesaggio è quello della Liguria, aspro, assolato, riarsoscabro, significativamente emblematico di un determinato stato d'animo. Il linguaggio è preso dalla quotidianità, ma non è privo di termini ricercati e aulici.


LE OCCASIONI
Le "occasioni" sono incontri con persone che gli risvegliano i ricordi sopiti del passato, la visione di luoghi cari al suo cuore, i volti di donne amate, soprattutto quello di Irma Brandeis, l'italo-americana che Montale chiama Clizia; ella è vista nelle poesie come donna-angelo, come una mediatrice tra l'uomo e Dio, anche se Montale non è credente "sente" che irrazionalmente qualcosa in realtà esiste, e questo lo porta alla sua visione di angelo.
Il ricordo del passato che non ritorna più, è espressione di una vana lotta contro il tempo che tutto dissolve e cancella. Da qui il desiderio del poeta di uscire dal tunnel tenebroso, di trovare il "varco", la possibile salvezza incarnata dalle figure femminili. Ne "Le occasioni" come in "Ossi di seppia" non mancano gli oggetti anche qui caricati di valori simbolici.
Ma se in "Ossi di seppia" questi valori simbolici erano spiegati, questo non succede ne "Le occasioni"; infatti Montale afferma in "Intenzioni"<< Non pensai  a una lirica pura nel senso ch'ebbe poi anche da noi, a un gioco di suggestioni sonore; ma piuttosto ad un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiatterlarli>>.
In questa raccolta si ritrova una maggiore speranza rispetto ad "Ossi di seppia", il paesaggio inoltre non è più quello aspro e scabroso della Liguria, ma ora il poeta descrive il paesaggio toscano, sicuramente più accogliente del ligure.
 


LA BUFERA E ALTRO
Scritta tra il 1940 e il 1954, questa raccolta si apre con la serie "Finisterre". Montale si fa partecipe del dramma della società sconvolta dalla tragedia della II guerra mondiale: sono visioni di rovine, di lutti e di dolore, il linguaggio è più aperto e comprensibile, in queste liriche infatti è scomparso quell'aristocratico isolamento del poeta presente in "Ossi di seppia" e ne "Le occasioni"; qui la sua anima vibra piena di orrore e di rivolta. Il tono si fa polemico contro la classe dirigente che aveva portato l'Italia alla catastrofe, e altamente drammatici diventano i "temi" che alla fine sfumano in quello della solidarietà umana.
Passano gli anni e ai ricordi dolorosi subentrano momenti più sereni. In sostanza La bufera rappresenta lo sforzo di Montale di avvicinare la sua poesia alla vita, alla realtà. Ne "Le occasioni" egli aveva prediletto le forme classiche con strofe e rime; nella Bufera usa forme aperte (quasi scomparse le strofe e le rime) e periodi lunghi e lunghissimi. I versi, endecasillabi e settenari, spesso amplificano il ritmo con gli enjambements.
Da parte del poeta, si manifesta una disposizione religiosa che non approda ad una fede vera e propria, infatti come ne "Le occasioni", non manca la presenza femminile, Clizia, cui il poeta affida le sue speranze di salvezza. 
 


  LE ULTIME RACCOLTE
Tra le sue ultime raccolte si distinguono "Satura" - di cui Xenia è la prima sezione dedicata alla moglie morta (Drusilla Tanzi) chiamata dal poeta "Mosca", con la quale egli tiene un tenero colloquio sull'eterno e sul divino - Diario del '71 e '72, Quaderno di quattro anni e Altri versi.
Un immutato pessimismo e una visione disperata e tragica della vita caratterizzano anche quest'ultima produzione.
ATTIVITA'
La poetica dell’oggetto emblematico, elaborata da Montale, ha molti punti di contatto con quella del “correlativo oggettivo” di Eliot, che ne applicò i principi nei Poems, usciti a Londra nel 1925, lo stesso anno degli Ossi di seppia montaliani.
Rispondi alla domanda: cosa intende comunicare Montale con la tecnica del "correlativo oggettivo"?

NEOREALISMO TRA CINEMA E LETTERATURA

IL NEOREALISMO IN LETTERATURA
Il Neorealismo è un movimento culturale generato da un "clima etico morale" sviluppatosi nel secondo dopoguerra, tra il 1943 e il 1952. Esso, pur rifacendosi a modelli prevalentemente ottocenteschi (Verga soprattutto), è caratterizzato dalla necessità, da parte degli intellettuali di sinistra, antifascisti (artisti, letterati, registi...), di un ritorno alla realtà, dopo il soggettivismo e l'intimismo che avevano caratterizzato gli anni Trenta. Il riferimento è la realtà della guerra, della Resistenza e del dopoguerra, con la sua miseria e con le sue lotte politiche. L' "Andare verso il popolo" sarà l'impegno dei letterati e dei registi del cinema neorealista, nella convinzione che siano i fatti stessi a caricarsi di significato etico ed estetico. L'impegno culturale e sociale darà spazio a testimonianze dirette e alle esperienze autobiografiche, come, per esempio quelle di guerra e di prigionia. La nuova narrativa di influenza americana (Hemingway, per esempio) assume caratteristiche del "parlato", con un'attenzione anche alle diverse caratteristiche regionali, che mira a conferire autenticità alla narrazione. Tra gli autori più importanti del Neorealismo ricordiamo: Vittorini, Pavese, Fenoglio, Moravia, Pratolini, Cassola, Alvaro, Calvino (per la sua produzione giovanile), Primo Levi e Carlo Levi.
Per la produzione cinematografica si possono citare i capolavori di Vittorio De Sica, Ladri di biciclette (1948), Umberto D (1952) e di Roberto Rossellini Roma città aperta (1945). Ma sono tante le opere e i film di grande importanza che testimoniano la miseria e la povertà a cui ha condotto la dittatura fascista!


Il Neorealismo, tuttavia, non è solo denuncia, è anche impegno di ricostruzione materiale e morale del paese.

JOSIP BROZ, TITO

 
Il 7 marzo 1945, nasce la Jugoslavia di Tito, il maresciallo non allineato.
 
Nei suoi 35 anni al potere, Josip Broz, ha tenuto insieme col pugno di ferro la ex Jugoslavia, facendone lo Stato chiave nel teso confronto tra blocco sovietico e occidentale, opponendosi a Stalin che avrebbe voluto «cancellarlo con il mignolo», e riuscendo a porsi come interlocutore dei leader di tutto il mondo, unico tra i capi di Stato sovietici, tanto che al suo funerale si ritroveranno tre re, ventuno capi di Stato e sedici primi ministri. Oltre il trionfalismo, il culto della personalità e l’illusione di un modello socialista democratico, resta ormai ben documentata la sua responsabilità nei crimini contro nemici, oppositori e civili innocenti, tra cui i tanti italiani spariti nelle foibe o cacciati dalle loro terre istriane e dalmate. La parabola di Tito al vertice della Jugoslavia ha inizio il 7 marzo del 1945, quando il primo governo provvisorio della Democrazia federale di Jugoslavia si riunisce a Belgrado sotto la sua guida, vittorioso sugli occupanti tedeschi, sui cetnici, i partigiani monarchici del generale Drazha Mihailovic e il governo di re Pietro II in esilio a Londra. Fino al 1980 Tito terrà unito il Paese e proporrà agli occhi del mondo una seconda via al comunismo, diversa da quella di Mosca, ma ugualmente destinata a sgretolarsi nell’arco di un decennio (Getty Images/Hulton Archive).

mercoledì 11 maggio 2016

SECONDO DOPOGUERRA IN ITALIA

L’Italia del secondo dopoguerra, pur tra contraddizioni ed esitazioni, è attraversata tuttavia da una forte esigenza di cambiamento. La dimostrazione più chiara di tale esigenza sta forse nell’incidenza del Neorealismo, un movimento culturale che spinge scrittori, registi, intellettuali ad esprimere apertamente il proprio impegno e a non trascurare la dimensione politica dell’arte. Si tratta di una vera e propria riscoperta del reale, che viene opposto in tutte le sue sfaccettature alla retorica del ventennio fascista.

Come sottolinea Italo Calvino nella Prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno, ‹‹il Neorealismo non fu una scuola (cerchiamo di dire le cose con esattezza). Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche – o specialmente – delle Italie fino allora più inedite per la letteratura››.

E’ proprio quest’affermazione che permette di capire quanto siano innovativi i temi del Neorealismo (così lontani dalle intonazioni celebrative dell’Italia fascista), che oramai entrano “prepotentemente” sia nel mondo letterario sia in quello cinematografico.
Tra gli scrittori che si possono annoverare in questo movimento, seppure con sfumature diverse e soltanto in alcuni momenti della loro produzione, ricordiamo Alberto Moravia, Corrado Alvaro, Carlo Bernari, Ignazio Silone, Cesare Pavese, Vasco Pratolini, Beppe Fenoglio, Elio Vittorini…

Ma la stagione del Neorealismo si riflette soprattutto nella cinematografia (in particolare nel periodo che va dal 1945 al 1949) con personalità di grande rilievo come Luchino Visconti, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Questi autori si preoccupano di rappresentare scene di vita quotidiana, affrontando spesso i temi della povertà e della disoccupazione. Al centro della loro narrazione vi è la guerra con le sue distruzioni, la difficile lotta per la sopravvivenza, l’attenzione ai personaggi della strada.
Protagonisti dei film neorealisti sono individui comuni che agiscono spontaneamente e si esprimono in un linguaggio dialettale. Anche per questo il più delle volte vengono scelti attori non professionisti e si privilegiano gli ambienti naturali.
Il riferimento inevitabile della stagione neorealista (la lezione “sincera” da cui partire) è senza dubbio il Verga dei Malavoglia; non è un caso che Luchino Visconti riproponga nel suo film La terra trema (1948) proprio la miseria dei pescatori di Aci Trezza.
I registi neorealisti rifiutano il ricorso all’artificiosità degli studi cinematografici; la loro scenografia risponde all’esigenza di documentare la realtà dell’Italia postbellica ed è per questo scarna, essenzializzata.
Certo gli studi di Cinecittà non potevano essere utilizzati a causa dei danni subiti durante la guerra ed erano inoltre occupati dai profughi. Ma la ragione che spinge a privilegiare gli spazi esterni è innanzitutto una ragione stilistica: l’idea stessa di Cinecittà è in antitesi con la poetica neorealista, tanto è vero che il primo film che viene girato a Cinecittà dopo le vicissitudini della guerra, nel 1947, è Cuore di Duilio Coletti: un film di “buoni sentimenti”.


Il rinnovamento istituzionale, politico e culturale nell’Italia del secondo dopoguerra passa attraverso un percorso non lineare che registra anche momenti di stasi e di regresso; le richieste di cambiamento provenienti da una parte della società suscitano riserve soprattutto tra la piccola e media borghesia dando luogo a fenomeni di aggregazione come quello del movimento del Fronte dell’uomo qualunque, che conquista ben 30 seggi nelle elezioni del 1946 per l’Assemblea Costituente.
Il desiderio di conservazione è particolarmente avvertito dal cittadino medio e si

riflette in diversi ambiti.

Le prime edizioni del Festival di Sanremo mostrano un’Italia smaniosa di ritrovare la continuità della sua tradizione e di lasciarsi alle spalle il ricordo tragico della Seconda Guerra Mondiale.
Il successo di Nilla Pizzi nelle edizioni del 1951 (ottiene il primo posto con Grazie dei fiori e il secondo con La luna si veste d’argento) e del 1952 (trionfa con il primo, secondo e terzo posto rispettivamente con Vola Colomba, Papaveri e papere, Una donna prega) è la riprova più evidente di tale tendenza.



La ricerca di novità è ben rappresentata anche da quel “mito americano” (anticipato dalle traduzioni di Melville, Faulkner, Hemingway ad opera di autori quali Pavese, Vittorini, Fernanda Pivano) che tanto ha influenzato la nostra cultura e il nostro costume.

La “voglia d’America” traspare innanzitutto nell’ormai classico accostamento delle note della celebre In the mood di Glenn Miller alle immagini della liberazione di Roma. E’ una voglia che si ritrova in diversi compositori e cantanti che riprendono sonorità proprie della musica americana (swing, jazz…) accostate in maniera originale alla tradizione italiana.

IL SECONDO DOPOGUERRA

UN MONDO DIVISO
La seconda guerra mondiale si concluse con la sconfitta di Italia, Germania e Giappone e con la fine dei totalitarismi fascista e nazista. I vincitori pagarono la guerra con 40 milioni di morti, i vinti con più di dieci milioni. Oltre la metà di queste vittime fu contata tra i civili, morti sotto i  bombardamenti o a causa di massacri e deportazioni di massa. La guerra provocò inoltre 35 milioni di feriti e lasciò il mondo in una condizione di terribile devastazione: città distrutte, porti e ferrovie demolite, intere regioni devastate.
Le foibe. L’Italia fu costretta a cedere l’Istria e la Dalmazia alla Jugoslavia. 350.000 italiani dovettero abbandonare l’Istria. Il trasferimento fu preceduto da repressioni e violenze che diedero vita al tragico fenomeno delle foibe. Nel 1945, l’esercito partigiano jugoslavo guidato da Tito occupò l’Istria e la Venezia Giulia per annetterle alla Jugoslavia comunista. Migliaia di italiani accusati, spesso con un processo farsa, di essere fascisti o sostenitori del fascismo furono gettati nelle foibe, cavità naturali del suolo carsico. 
Il processo di Norimberga.  Tra il 1945 e il 1946 a Norimberga furono processati, da un tribunale organizzato dagli stati vincitori del conflitto, tutti i capi superstiti del nazismo, i quali furono chiamati a rispondere dell’accusa di “crimine contro l’umanità” (persecuzioni, sterminio, deportazione). Il processo rivelò al mondo il volto del nazismo, i suoi crimini ma, soprattutto, l’orrore dei campi di sterminio. Gli imputati si difesero dicendo che avevano obbedito a ordini superiori o di non essere stati a conoscenza di quanto avveniva. Alla fine del processo 24 gerarchi del nazismo furono condannati a morte e molti altri a scontare una pena in carcere. Il processo di Norimberga fece molto discutere: si disse che nemmeno le potenze vincitrici erano senza peccato, dal momento che anche esse avevano compiuto crimini contro l’umanità come il lancio delle bombe atomiche sul Giappone.
Nasce l’ONU. Il 27 Giugno del 1945 fu fondata l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), con sede a New York e con il compito di promuovere il dialogo tra le nazioni per evitare nuove guerre. Nel 1948 l’ONU emanò il suo più celebre documento, la Dichiarazione dei diritti umani, nel cui primo articolo si afferma che gli uomini hanno tutti gli stessi diritti e devono collaborare tra loro in spirito di fratellanza.       
Il piano Marshall .  Nel 1947 gli USA lanciarono il piano Marshall (dal nome del segretario di stato americano, George Marshall, che lo elaborò). Si trattava di un grande piano di aiuti  economici con lo scopo di sostenere la ricostruzione dei Paesi europei distrutti dalla seconda guerra mondiale. Gli aiuti del piano Marshall (non solo soldi ma anche generi alimentari e medicine) favorirono ottimi risultati economici, soprattutto in Germania e in Italia. Grazie agli aiuti, l’economia italiana negli anni Cinquanta del Novecento conobbe un vero boom. Ovviamente offrendo questi aiuti gli USA volevano garantirsi l’appoggio politico degli Stati che li ricevevano e impedire che in essi si diffondesse il comunismo. Gli USA proposero gli aiuti anche agli Stati dell’Europa orientale, che però li rifiutarono su pressione dell’URSS.


      DOPOGUERRA E RICOSTRUZIONE

Dopoguerra e Ricostruzione - Rai Storia


martedì 10 maggio 2016

ISTITUTO LUCE - LA GUERRA FREDDA


LA GUERRA FREDDA

La Guerra Fredda è una definizione utilizzata per comprendere il periodo storico che va dalla conferenza di Yalta avvenuta nel 1945 alla caduta del Muro di Berlino avvenuta nel 1989. All’interno di questo arco temporale le due super potenze: Stati Uniti d’America e Unione Sovietica hanno coinvolto il mondo in una strategia della tensione costituita da guerre parallele, guerre spionistiche, alleanze diplomatiche, scontri sul piano della politica internazionale, corsa agli armamenti tradizionali e alle armi nucleari
Dopo la Conferenza di Yalta del febbraio 1945, a cui parteciparono Winston Churchill come Primo Ministro del Regno Unito, Franklin Delano Roosevelt come presidente degli Stati Uniti d’America e Josif Stalin come Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica,  fu subito chiaro al Primo Ministro inglese quanto fosse pericolosa la politica estera russa che stava di fatto inglobando ideologicamente e militarmente i territori conquistati dall’Armata Rossa. Il presidente americano, invece, sembrava sottovalutare Stalin e al fine di averlo come alleato contro i giapponesi gli consentì di avanzare pretese sui territori conquistati.
La Conferenza di Posdam che avvenne nel febbraio del 1945 rese chiaro a tutti che Churchill aveva ragione e che di fatto si stava stendendo la Cortina di Ferro fra due super potenze: l’America e i suoi alleati e l’ Unione sovietica e i suoi alleati. Durante la Conferenza di Parigi del 1946-1947, a cui parteciparono le potenze vincitrici, iniziarono a porsi seriamente i primi problemi fra la delegazione americana e quella russa per quanto riguardava la spartizione della Germania.

Il termine Guerra Fredda

Fu il politico statunitense Bernard Baruch, incaricato nel 1946 dal suo governo di redigere un piano per giungere al disarmo in materia di armi atomiche, a coniare il termine Guerra Fredda, proprio per indicare le relazioni diplomatiche tra USA e URSS: era il 16 aprile 1947.

Dalle tensioni mondiali al disgelo

La tensione durante la Guerra Fredda raggiunse il culmine con “la questione greca” e il destino politico delle democrazie popolari che a questo punto non erano più autonome e non avevano più alcuna parvenza democratica. Inoltre, in Asia si stava aprendo un terzo fronte con la Cina che si stava trasformando in una repubblica comunista e marxista alleata con la Russia che si contrapponeva allo stato di Taiwan dove si era rifugiato il governo del generale Chiang Kai-shek alleato e sostenuto da molti governi occidentali.
 

mercoledì 13 aprile 2016

IL TEATRO DI PIRANDELLO


Mentre il teatro precedente mirava alla rappresentazione di una realtà esistente come un dato di fatto, Pirandello (come già aveva fatto nei romanzi), introduce una visione non più statica, ma dialettica del reale, cioè una realtà oppostamente interpretabile e per questo priva di una sua oggettiva consistenza e tale che non può che generare lo scontro fra varie interpretazioni. Così è (se vi pare), è un'opera teatrale tratta dalla novella omonima, che racconta della signora Frola e il signor Ponza, suo genero.
L'opera è incentrata su un tema molto caro a Pirandello: l'inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione che non può coincidere con quella degli altri. Si genera così un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell'esteriorità, un'impossibilità a conoscere la verità assoluta che è ben rappresentata dal personaggio Laudisi e dalla frase "io sono colei che mi si crede" ripetuta dalla donna misteriosa.

Questa è la prima opera teatrale in cui si realizza questa nuova concezione.
Questa premessa determina quella caratteristica raziocinante tipica dei personaggi pirandelliani, il loro arrovellarsi a ragionare, a spiegare (la famosa "cerebralità" pirandelliana).
La commedia viene così ad assumere l'aspetto di un dialogo filosofico. Tale cavilloso ragionare dei personaggi pirandelliani nasce dal tentativo di spezzare il carcere della solitudine, cioè dalla necessità di far combaciare le visioni opposte della realtà e stabilire quindi un terreno di colloquio, di comunanza. Poiché questo non è possibile, non resta allora che accettare la propria solitudine, il carcere, - cioè quella forma, quella maschera che imprigiona la vita -, in cui la visione degli altri, che non coincide con la nostra, ci ha condannati.
A queste due novità, ne va aggiunta una terza: la dissoluzione della finzione scenica, cioè il cosiddetto "teatro nel teatro", che nei Sei personaggi trova non l'unico, ma il più valido esempio.

Leggi dal tuo libro: Da “Sei personaggi in cerca d’autore”:
Personaggi contro attori

"Sei personaggi in cerca d'autore":
Un dramma atroce si è presentato alla mente dello scrittore: quello di un padre che, dovendo naturalmente essere conosciuto dalla figliastra soltanto come padre, è invece stato sorpreso da lei in un casa infame, nell'atto di commettere un'azione vergognosa e proprio con lei, che per miseria andava a vendersi.
Ma questo dramma l'autore non ha voluto scriverlo e i sei personaggi rifiutati da lui si recano su un palcoscenico a chiedere a un capocomico quella vita artistica che soltanto un poeta potrebbe dar loro.

Qui Pirandello intende esemplificare il tema che più gli sta a cuore: l'incomunicabilità. La quale esplode proprio quando gli attori - pregati dai sei personaggi - cercano di rappresentare quella vicenda; ma i personaggi si sentono traditi da quel tentativo di oggettivazione, dalle parole che usano gli attori: la loro realtà esistenziale è un'altra.
L'innovazione tecnica - portare sul palcoscenico non un dramma fatto, ma un dramma nel suo progressivo farsi, cioè il cosiddetto "teatro nel teatro", segna il disfarsi delle consuetudini di verosimiglianza del teatro tradizionale e si colloca come una pietra miliare nella drammaturgia europea. E non era questo di Pirandello un gesto d'avanguardia puramente tecnicistico, ma esprimeva una necessità: dopo la descrizione di una società, alle cui false certezze l'autore siciliano aveva tolto impietosamente ogni velo, ora Pirandello faceva crollare anche le consuetudini, i modi di rappresentazione.
ATTIVITA'
Rispondi brevemente alle domande:
1) In che cosa consiste la "Teoria delle maschere" a cui Luigi Pirandello fa riferimento?
2) Perché la maschera non si può togliere?
3) Quali aspetti distingue Pirandello nell'Umorismo?

LA POESIA NUOVA DEL NOVECENTO

ERMETISMO E POESIA "PURA"
  •  INTRODUZIONE Ammessa l' impossibilità di conoscere la realtà vera mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, il decadente pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere di intuizione irrazionale e immediata possa attingere il mistero, esprimere le rivelazioni dell'ignoto. Essa diviene dunque la più alta forma di conoscenza, l'atto vitale più importante; deve cogliere le arcane analogie che legano le cose, scoprire la realtà che si nasconde dietro le loro effimere apparenze, esprimere i presentimenti che affiorano dal fondo dell'anima.
  • LA POESIA PURA La poesia dell’epoca decadente è concepita come pura illuminazione. Non rappresenta più immagini o sentimenti concreti, rinuncia al racconto, alla proclamazione di ideali; la parola non è usata come elemento del discorso logico, ma per l'impressione intima che suscita, per la sua virtù evocativa e suggestiva. Nasce così la poesia del frammento rapido e illuminante, denso, spesso, di una molteplicità di significati simbolici.
  • La NUOVA POESIA non si rivolge all'intelletto o al sentimento del lettore, ma alla profondità del suo inconscio, lo invita non a una lettura, ma a una partecipazione vitale immediata. Essa si propone di darci una consapevolezza più profonda del mistero. Da questi principi sono nate molte mode letterarie e anche di costume, a cominciare dal simbolismo (rappresentato, ad esempio, dal Pascoli, espressione più conseguente e radicale della nuova poetica), per continuare con l'estetismo (rappresentato, ad esempio, dal D'Annunzio); difatti il Decadentismo ha aspirazioni aristocratiche, che si esprimono nel gusto estetizzante.
  • L’ESTETISMO sul piano artistico si traduce nella ricerca di raffinatezza esasperata ed estenuata. L'idea della superiorità assoluta dell'esperienza estetica induce l'artista a tentare di trasformare la vita stessa in opera d'arte, dedicandosi al culto della bellezza in assoluta libertà materiale e spirituale, in polemica contrapposizione con la volgarità del mondo borghese. La svalutazione della moralità e della razionalità, portarono, tra l'altro, ai vari miti del superuomo.
  • La POESIA SIMBOLISTA è l'espressione letteraria più importante della sensibilità e della cultura del Decadentismo: essa trova il suo precursore in Charles Baudelaire (1821-1867), che verso la metà del secolo XIX, con I fiori del male, segna una svolta radicale nel linguaggio poetico. Al suo magistero si rifanno i francesi Paul Verlaine (1844-1896), Arthur Rimbaud (1854-1891), Stéphane Mallarmé (1842-1898), mentre in Italia Giovanni Pascoli conferisce ai temi e allo stile del Simbolismo dei connotati molto personali.
  • Al SIMBOLISMO va inoltre riconosciuta un'influenza fondamentale su tutta la poesia europea del Novecento. Secondo i poeti simbolisti, la vera realtà non è quella che appare ai nostri occhi: essa non ubbidisce a regole scientifiche e oggettive e non può quindi essere indagata con il solo uso della ragione. Baudelaire afferma che nel mondo naturale l'uomo si muove attraverso foreste di simboli; che deve cercare di decifrare seguendo l'unica forma di conoscenza possibile: quella intuitiva propria della poesia, che consente di penetrare a fondo nell'essenza più autentica delle cose. Da questa concezione derivano i caratteri fondamentali della poesia simbolista.
  • CARATTERI FONDAMENTALI DELLA POESIA SIMBOLISTA è la ricerca di una poesia pura, espressione diretta delle emozioni, che non tollera le mediazioni razionali ed è di natura completamente soggettiva. La poesia si identifica spesso con l'essenza più pura della bellezza. L'uso dell'analogia e del simbolo, che consentono di istituire rapporti tra immagini e contenuti che, secondo la logica razionale, appaiono molto lontani tra loro. L'uso di figure retoriche adatte a esprimere tali rapporti analogici: oltre alla metafora e alla similitudine, l'ossimoro, l'onomatopea e, soprattutto, la sinestesia: essa consente di mettere in relazione immagini e parole che rimandano a sfere sensoriali diverse, rivelando le profondità nascoste dietro le apparenze della realtà oggettiva. La ricerca lessicale che tende a privilegiare le parole maggiormente dotate di forza evocativa, sia sul piano del significato, sia su quello del significante: da ciò consegue, da una parte, la difficoltà e una certa voluta ambiguità dei testi simbolisti, dall'altra la loro raffinata musicalità.
  • CARATTERI DELLA POESIA ERMETICA: la definizione “ermetica”, col passare del tempo ha perduto il suo significato originariamente negativo, allude al carattere volutamente oscuro e difficile di questa lirica, che si rifà all'esperienza del Simbolismo francese e a certi esiti della poesia di Giuseppe Ungaretti e di Eugenio Montale. Tra i più importanti esponenti dell'Ermetismo ricordiamo: Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli e Mario Luzi.   Caratteri principali a) uso prevalente dell’endecasillabo; b) astrazione e rarefazione delle immagini, in senso non concettuale ma “lirico”, in modo da potenziarne il valore evocativo; c) impiego di accostamenti analogici; d) riduzione del lessico a poche parole-chiave; e) soppressione delle determinazioni (per esempio, degli articoli determinativi) in modo da rendere assoluta e allusiva la parola; f) uso di plurali indeterminati al posto del singolare; g) tendenziale riduzione a zero dei nessi grammaticali e sintattici.
  • Prof.ssa Angelica Piscitello 
  • SECONDA GUERRA MONDIALE IN SINTESI

    In questo video possiamo vedere un riassunto della seconda guerra mondiale. Gli eventi vengono descritti in poco più di un minuto. E' in inglese, ma per voi non è difficile...


    La Seconda guerra mondiale è stata il più grande e disastroso conflitto della storia umana. Durò quasi sei anni, dal 1939 al 1945, e provocò enormi devastazioni umane e materiali. Fu combattuta da un insieme assai ampio di Stati stretti attorno alla Germania, all'Italia e al Giappone da un lato, e alla Gran Bretagna e poi (a partire dal 1941) agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica dall'altro, che risultarono infine le potenze vincitrici. Ancor più della Prima guerra mondiale fu una vera e propria guerra totale. La sua conclusione, con il bombardamento atomico del Giappone, segnò l'inizio di una nuova era delle relazioni internazionali, caratterizzata dall'egemonia bipolare degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica.

    domenica 10 aprile 2016

    L'ATTACCO TEDESCO ALLA RUSSIA

    L'operazione Barbarossa è stata la denominazione in codice tedesca per l’invasione dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale; tale nome fu ispirato dalle gesta dell’imperatore Federico Barbarossa. Prese avvio il 22 giugno 1941 e fu la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi; il fronte orientale, aperto con l’inizio dall’operazione, fu il più grande e importante teatro bellico dell’intera Seconda Guerra Mondiale e vi si svolsero alcune tra le più grandi e sanguinose battaglie della Storia. Nei quattro anni che seguirono l’apertura delle ostilità tra Germania ed Unione Sovietica, decine di milioni di militari e civili persero la vita o patirono enormi sofferenze, sia a causa degli aspri ed incessanti scontri che delle condizioni di vita miserevoli in cui vennero a trovarsi. L’operazione, iniziata meno di due mesi dopo il deludente risultato della battaglia d’Inghilterra, avrebbe dovuto costituire un punto di svolta decisivo per assicurare la vittoria totale del Terzo Reich ed il suo predominio sul blocco continentale eurasiatico, ma il suo fallimento, assorbendo buona parte delle risorse umane, economiche e militari della Germania, provocò la sua completa disfatta.
    Estratto da Wikipedia

    La guerra ebbe inizio il 22 giugno 1941 con l'offensiva generale di sorpresa della Wehrmacht tedesca che sembrò travolgere inizialmente le forze armate sovietiche che subirono enormi perdite e dovettero battere in ritirata fino alle porte di Mosca. Sotto la direzione di Stalin tuttavia, l'Unione Sovietica riuscì lentamente a riorganizzare e potenziare le sue forze e l'Armata Rossa, dopo la grande vittoria nella battaglia di Stalingrado, terminata il 2 febbraio 1943, sferrò una continua serie di offensive che, pur a costo di forti perdite, riuscirono a indebolire gradualmente l'esercito tedesco e a liberare i territori invasi. Nel 1944-1945 infine le truppe sovietiche avanzarono inarrestabili in Europa orientale e in Germania concludendo vittoriosamente la guerra entrando a Berlino e Vienna.

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    IL DUCE: «VENGO ANCH'IO»
    Perché Mussolini si offre di inviare truppe italiane in Russia, a sostegno del Corpo di spedizione tedesco?

    martedì 1 marzo 2016

    LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA

     
    La guerra civile spagnola ebbe inizio nell’anno 1936 e terminò nell’anno 1939. Tutto iniziò quando i nazionalisti fascisti decisero di rovesciare il governo composto dai nazionali e dai repubblicani, dando così il via alla dittatura militare di Francisco Franco che, grazie alla sua ideologia filofascista, era appoggiato dalla Germania hitleriana e dell’Italia fascista. Furono numerosissime le vittime conseguenti alla guerra civile spagnola del 1936, all’incirca una cifra che oscille fra le 500.000 e un milione di persone, e molti furono anche gli intellettuali uccisi come Federico Garcia Lorca. Molti altri intellettuali si videro costretti ad imboccare la via dell’esilio, ad esempio Picasso, Buñuel, Miró, Rafael Alberti, in quanto sostenitori della democrazia.
    I partecipanti attivi alla guerra civile in Spagna furono i fascisti della Falange, movimento politico fascista della Spagna degli ani ’30, i carlisti cioè gli appartenenti al carlismo, movimento di stampo conservatore che difende i discendenti al trono di Carlo Maria Isidri di Borbone di Spagna. Inoltre vi presero parte i monarchici legittimisti, i nazionalisti spagnoli, conservatori e forze politiche reazionarie e parte del clero cattolico.
     
    CLICCA LUL LINK PER VEDERE IL VIDEO DELLA GUERRA CIVILE SPAGNOLA:            LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
     
    Le cause della guerra civile in Spagna affondano le proprie origini negli anni venti, quando la Spagna era dominata dal generale Primo de Rivera il cui governo non fu in grado di affrontare la crisi economica del 1929 alla quale seguì inevitabilmente una crisi politica che si concluse nel 1931 con la fine della monarchia e l’inizio della repubblica. Da questo cambiamento derivarono dei violenti conflitti fra la sinistra e i conservatori, fra i quali emerse il movimento della Falange sostenuto da Mussolini. Data l’imminenza delle elezioni del 1936, i sostenitori di sinistra si riunirono in quello che venne definito il Fronte Popolare, con una conseguente reazione dei conservatori appoggiati dagli ecclesiastici e dai militari. Fra questi emerse la figura di Francisco Franco che si pose a capo della guerra civile spagnola.
    Italia fascista e Germania nazista inviarono a Franco ogni tipo di aiuto in termini di armi e pezzi d’artiglieria, violando l’embargo precedentemente fissato. Al medesimo tempo l’Unione Sovietica guidata da Stalin appoggiò i repubblicani inviando loro finanziamenti, armi e mezzi corazzati. I volontari antifascisti diedero vita alle cosiddette Brigate Internazionali che in Italia assunsero il nome di Brigata Garibaldi, gli statunitensi assunsero il nome di Brigata Lincoln e i canadesi di Mackenzie-Papineau. Anche la Francia appoggiò la Spagna Repubblicana, essendo all’epoca guidata dal Fronte Popolare, ma rimanendo comunque estranea al conflitto.
    Nel 1937 Franco conquistò differenti città, Malaga, Guernica, Segovia, Aragona, Santander, Gijón. Nell’agosto dello stesso anno il Vaticano riconobbe il governo di Franco. Nel 1939 la guerra civile spagnola si sviluppò con la conquisto della Catalogna. Nel febbraio dello stesso anno il Regno Unito e la Francia si videro costretti a riconoscere il governo di Franco. Nel frattempo Franco conquistò Valencia e Madrid.
     
    Per approfondire leggi dall'E-BOOK:  LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
     
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    Analisi  del dipinto di Pablo Picasso: Guernica 1937 olio su tela 351 x 787 cm, Museo del Prado, Madrid.

    venerdì 19 febbraio 2016

    LA SECONDA GUERRA MONDIALE

    LA CRONOLOGIA DEGLI EVENTI:
     
     
    La causa (di comodo) che portò allo scoppio della  seconda guerra mondiale fu costituita dalla questione di Danzica implicante le più decise rivendicazioni della Germania hitleriana sul «corridoio polacco», ma le vere cause della guerra erano assai più remote e complesse possono essere riassunte nelle seguenti:
     1 - il contrasto franco-tedesco, determinato dalla volontà di rivincita della Germania, che mirava al controllo del Trattato di Versailles e alla conquista del primato militare europeo.
     2 - il contrasto anglo-tedesco, determinato dall'insopprimibile volontà di potenza della Germania, che mirava sempre più apertamente e dichiaratamente alla conquista del primato politico ed economico europeo.
     3 - il contrasto italo-francese, determinato dalle divergenze d'interessi tra i due paesi, soprattutto nell'Africa e dalle rivendicazioni del nazionalismo fascista, che avanzava le più temerarie pretese su Nizza, sulla Savoia e sulla Corsica.
     4 -  il contrasto Italo - inglese, determinato dall'atteggiamento ostile assunto dall'Inghilterra nei nostri confronti al tempo dell'«impresa etiopica», e dalle preoccupazioni che suscitavano in Inghilterra gli aspetti sempre più aggressivi della nostra politica nazionalistica nel Mediterraneo (pressanti rivendicazioni sull'isola di Malta; aspirazioni al controllo del Canale di Suez, ecc.).
      5  - l'espansionismo imperialista del Giappone in Estremo Oriente, sfociato fin dal 1937 in guerra aperta contro la Cina.
     6  - l'avvicinamento italo-tedesco, o, per meglio dire, tra l'Italia fascista e la Germania nazista, determinato dall’affine ideologia, dai sempre più stretti accordi economici e politici, e dalla medesima tendenza all’imperialismo. Quest’avvicinamento tra i due stati aveva trovato la sua attestazione nella firma dell'Asse Roma - Berlino (ottobre 1936), nell'adesione del Mussolini al Patto Anticomintern (novembre 1937), e nella firma del Trattato di alleanza italo-tedesco (il cosiddetto «Patto d'acciaio», maggio 1939).
    Tutte queste cause però si possono ridurre a una sola. La più vera e profonda causa della guerra fu, infatti, la brutale aggressività del nuovo imperialismo tedesco. Hitler non aveva esitato a iniziare una vera e propria corsa alla guerra, procedendo inesorabilmente all'annessione dell'Austria (il cosiddetto Anschluss) e alla conseguente conquista e spartizione della Cecoslovacchia. La cosiddetta questione di Danzica e del «corridoio polacco» non fu che l'ultimo atto di una fatale tendenza imperialistica, che doveva portare inevitabilmente alla guerra.
     
    CLICCA SUL LINK PER VEDERE IL VIDEO SULLA SECONDA GUERRA MONDIALE:
     
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    Quali erano le armi  "armi-meraviglia" o "armi-miracolo" dei nazisti?

    giovedì 11 febbraio 2016

    IL GIORNO DEL RICORDO DELLE VITTIME DELLE FOIBE

    Dopo la "Giornata della memoria" del 27 gennaio per le vittime della Shoah, il 10 febbraio in tutta Italia si celebra il "Giorno del ricordo" per non dimenticare i cinquemila italiani massacrati in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia tra il 1943 e il 1945.

    Uccisi dai partigiani comunisti di Tito solo perché erano italiani: una "pulizia" politica ed etnica in piena regola, mascherata come azione di guerra o vendetta contro i fascisti.

    In realtà nelle cavità carsiche chiamate foibe vennero gettati ancora vivi, l'uno legato all'altro col fil di ferro, uomini, donne, anziani e bambini che in quel periodo di grande confusione bellica si erano ritrovati in balìa dei partigiani comunisti jugoslavi.

     Il "Giorno del ricordo" non è solo dedicato alle vittime delle foibe, ma anche alla grande tragedia dei profughi giuliani: 350 mila costretti all'esodo, a lasciare case e ogni bene per fuggire con ogni mezzo in Italia dove furono malamente accolti.

    In gran parte finirono nei campi profughi e ci rimasero per anni. Uno di questi campi fu organizzato anche a Fertilia. Per mezzo secolo sulle stragi delle foibe e sull'esodo dei giuliani si è steso un pesante silenzio.
     

    sabato 6 febbraio 2016

    L'INETTITUDINE COME CONDIZIONE APERTA

     
    Analisi del testo: LA COSCIENZA DI ZENO di Italo Svevo
     
    Nel saggio "L'uomo e la teoria darwiniana" Svevo, esponendo una sua riflessione sulla teoria darwiniana dell'evoluzione naturale, giunge a pensare che il malato è l'uomo vero, "l'uomo più umano che sia stato creato".
    L'inetto è un "abbozzo", un essere in divenire, che ha ancora la possibilità di evolversi verso altre forme proprio grazie alla sua mancanza assoluta di uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso, mentre gli individui "normali", "sani", che sono già perfettamente compiuti in tutte le loro parti, sono incapaci di evolversi ulteriormente, si sono arrestati nel loro sviluppo e cristallizzati nella loro forma definitiva.
    L'inettitudine non appare più, dunque, un marchio d'inferiorità, che condanna ad un'irrimediabile inadattabilità al reale e quindi alla debolezza e alla sconfitta, ma una condizione in qualche modo privilegiata, aperta e disponibile.
    L'atteggiamento di Svevo verso l'inetto è un atteggiamento più aperto e problematico, disposto a guardare all'inetto anche con simpatia, ad accettarlo nella sua mescolanza di positivo e negativo.

    ATTIVITA'
    Rispondi alle domande (max 5 righi) in che modo Zeno Cosini, protagonista-narratore dell'opera "La coscienza di Zeno", dice di essere guarito dall'inettitudine? Da che cosa invece non si può guarire?

    domenica 31 gennaio 2016

    LA PIOGGIA NEL PINETO

     
    La poesia La pioggia nel pineto viene composta dal poeta Gabriele d'Annunzio a cavallo fra il luglio e l’agosto del 1902, ed appartiene alla sezione centrale di Alcyone (il terzo libro delle Laudi, uscito alla fine del 1903, e composto dal poeta tra il 1899 e il 1903). La raccolta è costituita da una serie di liriche che rappresentano «un susseguirsi di laudi celebrative della natura – e soprattutto dell’estate, dal rigoglioso giugno al malinconico settembre – nella quale il poeta si immerge mirando a realizzare una fusione panica: a sprofondare e a confondersi con tutto – mare, alberi, luci, colori – in un sempre rinnovato processo di metamorfosi che si risolve in un ampliarsi della dimensione umana».
    Sono lodi che celebrano la natura osservata in una vacanza ideale, che inizia a fine primavera nelle colline di Fiesole e termina a settembre sulle coste della Versilia.
    Il poeta racconta in versi come avviene la fusione dell’uomo con la natura attraverso il superamento della limitata dimensione umana. Colpisce, inoltre, la musicalità che caratterizza l’intera lirica e che è ottenuta attraverso la frantumazione del verso e il ricorso alle rime interne e alle assonanze. C’è un vero e proprio studio del poeta, un virtuosismo basato anche sul principio della ripetizione, che provoca degli effetti ritmico-musicali particolarmente interessanti. Il poeta tende ad imitare i suoni della pioggia e a inventare delle vere e proprie melodie: le parole più nuove a cui fa riferimento il poeta al v. 5 sono anche le parole che creano una musicalità nuova. Per riuscire ad entrare in empatia con la natura il poeta trasforma le sue parole in musica, utilizzando un lessico piuttosto ricercato e musicale, dimostrando di aver fatto suoi gli insegnamenti dei Simbolisti francesi.
    Il poeta e la sua compagna entrano in empatia con la natura e arrivano a condividerne la sua anima segreta: D’Annunzio contempla la metamorfosi delle cose e la sua compagna si trasforma in fiore, pianta, frutto, mentre la pioggia cade.
     
     
    ATTIVITA'
    Rispondi (almeno a tre domande a tua scelta):
    1) La lirica inizia con un invito al silenzio: “Taci”. Il poeta a chi rivolge questo invito? Perché?
    
    2) Man mano che la pioggia aumenta d’intensità, quale meravigliosa sinfonia silvestre si diffonde nell’aria?
    3)  Al suono della pioggia fa eco il canto di due animali. Quali?
    4) Il poeta e la donna, immersi nella vegetazione, si sentono come trasformare, divenire parte integrante della natura. Come viene descritta la donna? Quali sensazioni prova? Le varie parti del corpo del poeta e della donna in quali aspetti della natura si trasformano?
    5)  Che cos’è la “favola bella” che illude?

    GABRIELE D'ANNUNZIO

    D'annunzio vuole impersonare il modello del superuomo e crede nel valore assoluto dell'arte, tanto da ridurre ogni aspetto dell'esistenza ad attività artistica.
     
    La prima fase della sua produzione (primo vere, canto novo, terra vergine) è già caratterizzata da una forma di VITALISMO NATURALISTICO, dove il poeta canta una natura variopinta, multiforme selvaggia in cui egli si immerge. Questa fase è quindi caratterizzata dal PANISMO, orma riconosciuto come la linea tematica di tutta la sua opera. In seguito sempre durante questa fase (terra vergine, novelle di Pescara) pare sempre più decisiva l'influenza del naturalismo di Maupassant e Zola. I personaggi umani si fondono con gli elementi naturali del paesaggio abruzzese.
     
    La seconda fase è caratterizzata dall'ESTETISMO e dal PIACERE (il piacere). Negli anni romani prende sempre più forma il personaggio d'annunziano, un poeta languido e raffinato, esteta aristocratico che si distacca dai modi e dai gusti della gente comune. Durante questo periodo si va realizzando l'aspirazione di rappresentare in forme letterarie raffinate le eleganze e le stravaganze degli ambienti aristocratici romani.

    La terza fase è quella del SUPEROMISMO e del PANISMO (le vergini delle rocce, il fuoco). Questi
    due atteggiamenti coesistono in qualche misura e si alternano in vario modo in una produzione ancora copiosa, finché quello superomistico cede il passo a un più maturo panismo.

    A questa fase è legata buona parte della produzione teatrale. D'annunzio si propone infatti di creare un teatro di poesia al fine di creare un'atmosfera ideale in cui vibri tutta la vita della natura. Spiccano i temi della morale superomistica, della lussuria, del sangue e della violenza (laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi. Alcyone.).
     
    L'ultima fase è quella del notturno, comprende le pagine scritte dopo l'incidente aereo che gli causò una grave ferita all'occhio.
    ESTETISMO, SUPEROMISMO, PANISMO
     
    Il termine estetismo, nato nel settecento, definisce la filosofia che si occupa del bello e dell'arte. L'estetismo è anche un atteggiamento culturale che attribuisce priorità ai fattori estetici e alla bellezza, considera l'arte la più alta espressione dell'uomo e subordina ogni altro valore anche morale. Si accompagna a questo movimento anche la concezione espressa in francese l'art pour l'art, che identifica lo scopo dell'opera d'arte nell'opera stessa. l'estetismo insegue anche la fusione tra l'arte e la vita.
     
    Una visione importante dell'estetismo si trova nel pensiero del giovane filosofo Nietzsche che individua nello spirito dionisiaco, espresso in arte dalla musica, una fonte essenziale della classicità. Attraverso la critica della razionalità socratica e della morale cristiana, Nietzsche giunge a formulare la teoria dell'Ubermensch, il SUPERUOMO. Infatti secondo la sua teoria l'uomo sta in mezzo tra l'animale e il superuomo.
     
    Il superuomo d'annunziano si identifica con quello nietzscheiano nel disprezzo della vita grigia volgare della massa, nella volontà di potenza, nella libertà dalle regole, ma si risolve poi spesso verso ideali nazionalistici e aristocratici dell'eroismo militare.
     
    Il superomismo si intreccia con la concezione definita PANISMO, che vede l'uomo come parte inscindibile della natura. Anche questa teoria deriva dal pensiero di Nietzsche che descrive l'annientamento del velo che separa l'uomo dalla natura e l'erompere dello spirito dionisiaco della musica orgiastica che produce la fusione totale, cioè panica.
     
    ATTIVITA'
    Gabriele D'Annunzio: esprimi un breve giudizio critico sul personaggio (max 5 righi).

    SE QUESTO E' UN UOMO - POESIA

    SE QUESTO E' UN UOMO - POESIA
    Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case

    Questa poesia costituisce la Prefazione di “Se questo è un uomo”.
    Essa riassume in sé il contenuto del libro stesso e la sua funzione di testimonianza e di ammonimento per le generazioni future.

    Se questo è un uomo

    “Voi che vivete sicuri
    Nelle vostre tiepide case,
    Voi che trovate tornando a sera
    Il cibo caldo e visi amici:

    Considerate se questo è un uomo
    Che lavora nel fango
    Che non conosce pace
    Che lotta per mezzo pane
    Che muore per un sì o per un no.

    Considerate se questa è una donna,
    Senza capelli e senza nome
    Senza più forza di ricordare
    Vuoti gli occhi e freddo il grembo
    Come una rana d’inverno.

    Meditate che questo è stato:
    Vi comando queste parole.
    Scolpitele nel vostro cuore
    Stando in casa andando per via,
    Coricandovi alzandovi;
    Ripetetele ai vostri figli.

    O vi si sfaccia la casa,
    La malattia vi impedisca,
    I vostri nati torcano il viso da voi.”

    (Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino, 1976, p.1)

    L'opera memorialistica “Se questo è un uomo” di Primo Levi è il romanzo in cui l’autore racconta la sua esperienza nei campi di concentramento, durante la Seconda Guerra Mondiale. Sottratto alla sua vita quotidiana, Primo Levi viene condotto in questo luogo di morte, costruito per annientare la dignità umana.

    Il lager nazista è pensato appositamente per trasformare gli uomini in vere e proprie bestie, costretti a lottare gli uni contro gli altri per la sopravvivenza. I suoi abitanti sono obbligati ai lavori forzati, denutriti e privati persino del nome, spogliati di qualsiasi bene e divisi dalle proprie famiglie.

    (leggi, nella tua antologia, il capitolo, intitolato "Sul fondo")

    La vita nel lager è descritta come una realtà incredibilmente alienante, in cui gli uomini e le donne subivano ogni tipo di sopruso. Torturati, costretti a soffrire ogni tipo di dolore, da quello fisico a quello mentale e morale, sempre più massacrante, le persone si trascinano nel campo di concentramento fino a non provare più emozioni.

    E’ così che l’autore di “Se questo è un uomo” descrive il proprio tempo trascorso nei lager. Il romanzo è estremamente toccante, perché al di là delle crude descrizioni di ciò che ha visto accadere ai propri compagni di sventura, al sangue versato, ai bisogni primari insoddisfatti, l’autore racconta di una coscienza che cerca di reagire.

    Primo Levi racconta di come, in un luogo in cui la morte era una compagna di viaggio quasi desiderata, per quanto tremende erano le condizioni di vita, scopre un’incredibile forza che smuove una passione naturale e pura per la vita.

    (leggi, nella tua antologia, il capitolo "Il canto di Ulisse").

    Il coraggio, la necessità di non lasciarsi andare, un amore celato dalla sofferenza, ma pur sempre esistente, lo hanno indotto istintivamente a reagire, e questa reazione ha trovato significato nella scrittura, in parole da nascondere perché, nel campo, non era concesso neppure scrivere.

    Primo Levi oltre a raccontarsi, cerca di dare una spiegazione, una parvenza di ragionamento per trovare la causa che ha spinto degli essere umani ad annullare la personalità, l’individualità e l’esistenza dei loro simili.

    Non c’è nessuna forma di normalità dietro il dolore gratuito che viene inflitto, ed è questo il male radicale, quello perverso, che non può essere spiegato né gestito, ma che in qualche modo deve essere contenuto dentro il petto di chi ha subito l’esproprio della propria anima.

    E quando il protagonista di “Se questo è un uomo” riesce a sopravvivere e ad uscire da Auschwitz con le proprie gambe, non riesce a lasciare la propria sofferenza dietro il filo spinato del campo di concentramento, ma se lo porta addosso, oltre, per tutto il tempo che gli resta da vivere.

    Lo stile di Primo Levi è asciutto, descrittivo, molto diretto, tipico di chi ha la necessità di far arrivare immediatamente un concetto ai suoi lettori. E il pensiero di quest’uomo sopravvissuto alla più grande sciagura della storia d’Europa, resta impresso negli occhi e nel cuore di chiunque legge questo libro.
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    Fate libere riflessioni.